8 dicembre 2011

Wendy, la “prima” doula

Wendy non poteva neanche immaginarlo. Eppure era destinata a diventare la prima doula “riconosciuta” dalla scienza medica. Wendy era la giovane assistente di un programma di ricerca condotto Klaus Marshall. Il neonatologo americano di fama internazionale voleva verificare anche nella specie umana l’esistenza di una finestra temporale sensibile, subito dopo il parto, in cui la femmina e il cucciolo si riconoscono reciprocamente. Decisero così di studiare cosa avveniva quando mamma e neonato rimanevano insieme indisturbati invece di essere immediatamente separati come previsto dai rigidi protocolli ospedalieri di allora. A Wendy spettava un compito semplice: rimanere in disparte e in silenzio a fianco di mamma e neonato, raccogliendo dati sulle loro prime interazioni. L’allora diciannovenne, appassionata di nascita, seguì il suo cuore infrangendo le regole. Accompagnò le donne del suo gruppo campione anche durante il travaglio, tenendo loro la mano, rassicurandole, sorridendo. “Chi vuoi che se ne accorga”, pensava. Sbagliò. Quando il ricercatore analizzò i dati raccolti, rilevò che le donne da lei monitorate avevano avuto parti più semplici e più rapidi, con un’ incidenza inferiore di interventi medici e cesarei. Chiese subito spiegazioni a Wendy. La ragazza rispose: “Non ho fatto niente. Ho solo tenuto la mano, ho detto qualche parola di conforto”. Quel niente fu determinante per riscoprire quanto una presenza amorevole accanto alla partoriente sia fondamentale per il buon esito di un travaglio. Da quel niente Klaus Marshall condusse molte prove cliniche randomizzate sui benefici di una doula nel parto e nel puerperio. Wendy, pur senza istruzione specifica e senza averne consapevolezza, fu una doula eccellente. Semplicemente rimase lì, col cuore, accanto alle “sue” mamme.